Nella ex Fabbrica di Laterizi /1

Breve ma sostanziosa escursione quella che compiremo oggi e nei prossimi giorni in una immensa fabbrica di laterizi ubicata in quello che agli inizi del secolo scorso era lo sconfinato Agro Romano.

Questo immenso territorio agricolo aveva lo scopo di soddisfare in toto le esigenze di approvvigionamento alimentare della Città Eterna, carica di storia, che era destinata a divenire anche una delle metropoli più popolose d’Europa. L’Agro Romano si estendeva dai confini del comune di Ladispoli fino ai confini con il comune di Anzio, ed era delimitato da una parte dal Tirreno e dall’altra parte dalle pendici dell’Appennino e dai castelli Romani. Si estendeva per oltre il 70% degli allora 4.000 chilometri quadrati che costituivano il Comune di Roma. Nella prima metà del Novecento, la nascita di cittadine (Pomezia, Aprilia) ai margini di Roma e il successivo scorporo di Fiumicino che divenne comune a se stante, erosero una buona fetta di questo Agro che comunque è tuttora immenso.

Questo grande complesso industriale (in gergo: Fornace), che  si estende per circa un chilometro lungo il margine della strada che abbiamo percorso per arrivare al suo ingresso, venne realizzato intorno all’inizio della seconda metà del secolo scorso, sull’onda del forsennato sviluppo edilizio della città di Roma che ingoiava famelicamente tutto ciò che era necessario per costruire case. Il problema dell’approvvigionamento delle smisurate quantità di acqua necessarie per fabbricare mattoni, forati e tegole venne magistralmente risolto scavando due immense buche che per risorgiva dal vicino mare si riempirono di acqua salmastra divenendo due insidiosissimi laghetti (che ora sono sfruttati da molti come luogo di pesca).

Le cose andarono a gonfie vele per una quarantina di anni, poi la crisi edilizia degli anni Novanta, nonché la fragilità strutturale della società che, dopo la morte nel 1983 del fondatore, navigava continuamente in acque turbolente mosse dalle rivalità nella compagine familiare che la gestiva, portarono nel 1997 alla definitiva chiusura dello stabilimento e alla sua smobilitazione. Tre anni di controllo sporadico della struttura per favorire probabilmente di trasportare il trasportabile e poi l’abbandono più assoluto. Tutti possono accedere all’area: pescatori, visitatori amanti di archeologia industriale e delinquenti aggressori dell’ambiente che utilizzano il sito per scaricarvi rifiuto di ogni genere, anche tossici. Come al solito sconsigliamo a tutti una visita al sito a meno che non si venga accompagnati da persone qualificate.

Veniamo al sito: le strutture più importanti sono costituite da immensi capannoni di cui restano le pareti di forati e le carpenterie metalliche che ne costituiscono l’ossatura e le capriate (immense) che sostenevano la copertura, probabilmente in amianto o lamiera, oggi completamente scomparsa. Un edificio centrale con all’interno un immenso vascone dove ora ci sono vegetazione rigogliosa e rane a non finire, circondato da una passeggiata che si percorre agilmente per raggiungere alcune stanze probabilmente utilizzate dal personale. C’è poi un fabbricato (palazzina) dove sicuramente c’erano gli uffici della società; e proprio da qui inizieremo questa sera la nostra escursione, a caccia, e dobbiamo dire dal carniere ricchissimo, di pezzi che nel corso di almeno quindici anni vi sono stati esposti.

Nella seconda puntata presenteremo quelli che a noi sono sembrati i pezzi che vi sono stati realizzati per primi, all’incirca prima di dieci anni fa. Raffrontando con questi che sembrano provenire dalla cultura d’oltreoceano quelli realizzati successivamente si può benissimo notare come il writing nostrano abbia iniziato un suo vero e proprio percorso culturale autonomo.

Passeremo infine a visionare gli ultimi pezzi realizzati, praticamente quelli che abbiamo trovato successivamente alla nostra prima entrata nel complesso avvenuta oltre due anni fa. Ci siamo ritornati almeno altre cinque volte, sempre sulla scia della nostra preoccupazione di aver tralasciato, più che altro per stanchezza, di registrare qualche pezzo.

Il tutto sarà condito di volta in volta di immagini relative allo stato dell’arte delle strutture dell’edificio che ci ha ospitato. Buona visione!

n.d.r.: qualche volta azzarderemo anche di individuare il writer che ha realizzato il pezzo; non sparate sul paziente se commetteremo errori di attribuzione, comunicateci gli eventuali strafalcioni commessi e provvederemo all’aggiornamento.

al di là del cancello d’ingresso

Ci dirigiamo speditamente verso la prima meta del viaggio, la palazzina direzionale; qualcuno ci fissa da una finestra

entriamo e troviamo due pezzi d’epoca; risalgono al 2006 e nonostante siano stati ripetutamente “crossati” non hanno perso il loro fascino iniziale e danno ancora la sensazione che siano stati realizzati con una accuratezza di segno oggi inimmaginabili. bordi nitidi, particolari accuratamente rifiniti, ombre superbe che danno il senso della tridimensionalità.

      

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Ora lettering semplice, sporcato da sovrapposizioni, con dediche amorose, segno di writing alle prime armi

      

      

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Due enormi ritratti dal segno deciso ed un bianco e nero con poche sfumature

donna urlante

il giovane che avevamo intravisto attraverso la finestra

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prova calligrafica con relativo puppet separati da una porta (vedasi immagine di copertina)

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la nostra fidata guida nonché inseparabile compagno di avventure

Continua………………………

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