Questa sera torniamo ad interessarci al Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_città meticcia. L’ultima visita l’abbiamo effettuata molto tempo fa: era il 21 dicembre dello scorso anno, presentammo “Mondo n’uovo“, la splendida opera di Leo Moroh. Da allora di acqua ne è passata tanta sotto i ponti di Metropoliz ed ora dobbiamo correre rapidamente ai ripari e rendere giustizia a questo splendido museo di arte contemporanea che ormai non ha pari al mondo. All’interno di esso pullula la vita, si incontrano ed interagiscono ogni momento della giornata culture e gruppi umani provenienti da ogni angolo del mondo; la sua unicità sta proprio nel fatto che questo museo è abitato. I bambini fortunati che lo vivono respirano quotidianamente un’aria frizzante che stimola ed appaga allo stesso tempo la loro curiosità. Ti può capitare di incontrare per esempio un bimbo che interrompe la sua partitella a pallone per mettersi vanitosamente in posa di fronte ad un murale per essere fotografato da un visitatore, oppure una bimba che estrae dalla sua borsetta un piccolo quadretto e ti chiede un giudizio critico. Ecco, questo sono Metropoliz ed il suo annesso museo. E quelle che vi presentiamo stasera sono due opere realizzate sulla piazza principale del sito, Piazza Perù, da due componenti del collettivo “Studio Sotterraneo”, al tempo stesso atelier d’artisti e sala espositiva, che si trova al Pigneto, in via Capitan Ottobono 5. Gli Artisti sono due nostre vecchie conoscenze, Carlos Atoche e Francesco Campese: neo rinascimentale il primo, il secondo ideatore di un suo particolare linguaggio d’arte urbana che dà luogo a misteriose strutture architettoniche che abbandonano la realtà e scompone le loro forme.
Questa è l’opera di Atoche che ha la particolarità di cambiare aspetto se la si vede di lato:
visione frontale
vista di lato
Ed ora l’opera di Campese:
l’ambiente