Beh, dobbiamo proprio ammetterlo: ci piace immensamente andare per luoghi abbandonati. Le motivazioni sono tante, molte inconsce. Proviamo ad estrinsecarne un paio:
- in contraddizione proprio con l’aggettivo che li identifica, al 99% questi luoghi pullulano di presenze;
- spesso vi incontriamo espressioni magistrali dell’arte ipercontemporanea.
Prendiamo ad esempio il luogo che abbiamo visitato non più di una settimana fa. Abbandonato da ormai 40 anni (forse qualcuno in più) sta li marcendo per la vergogna delle istituzioni, quando avrebbe le carte in regola per essere quanto meno un museo di architettura industriale.
E se entri li dentro avverti, a pelle, ancora la presenza di migliaia di persone che, in più di settanta anni in cui quell’azienda è stata in attività, ci hanno lavorato, sudato per portare a casa un tozzo di pane; probabilmente qualcuno, a causa di un banale incidente di lavoro, magari vi ha anche lasciato la vita.
Poi, qui abbiamo trovato anche un altra traccia di vita, una traccia un po’ particolare: la presenza, questa sì attuale, di gente che vive, anzi sopravvive ai margini della nostra società, che noi facciamo finta di non vedere e, quando qualche vota siamo costretti ad entrare in contatto con loro, ci sentiamo infastiditi; loro sono i migranti, ma quelli di serie B, senza permesso di soggiorno, senza lavoro, senza diritti.
Infine abbiamo trovato anche il motivo primario che, nel corso degli ultimi anni è stato, per noi, lo stimolo per entrare in questi luoghi: un cosiddetto “pezzo”, e che pezzo, realizzato da uno dei maestri romani dell’arte contemporanea, quella alternativa però. Lui è Gojo! Chapeau!
Ma andiamo per gradi; ecco alcuni scatti delle infrastrutture industriali presenti nei sito:
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Fra questi macchinari, quintali di guano di piccioni e macchie di umidità grandi come campi da tennis, ha trovato rifugio un emarginato sociale, questi il suo giaciglio e i suoi arredi che sembrano dargli una dignità principesca
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Ed ora il pezzo forte della giornata: il pezzo di Gojo, lì da dieci anni, eletto a guardiano del sito; lui è “L’elefanto industrialo” come coloritamente definito dall’artista. Dieci anni ma non una ruga, sempre giovane; eccolo
il pezzo di Gojo
ovviamente inserito nell’ambiente in modo magistrale