Ogni pezzo del Gojo ci dà una lezione di storia, ma non di quella che si studia a scuola; una storia di nicchia, fantastica, dove uomini e Dei dei primi romani si interconnettono, convivono fianco a fianco; e tu ti trovi d’improvviso immerso in quel tempo indefinito che lui dipinge con i suoi fantastici colori, evanescenti, caldi, avvolgenti.
E veniamo al pezzo di oggi, ovviamente di Gojo, che abbiamo scovato ieri; parla di acque fertili, di Deine chiacchierone, punite per questo senza pietà, di amori concupiscenti che danno origine a nuove divinità, non ce ne fossero state abbastanza! E lo abbiamo trovato, dove? Ovviamente in un luogo simbolo, dove (ricordate il murale al giorno 543?) il fiume Almone, quello della fertilità, si gettava nel Tevere.
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Il pezzo visto da varie angolazioni; notare le quattro aste verticali, sono barre di acciaio dentato che servono a muovere la paratia che ormai stabilmente sbarra l’accesso al Tevere delle acque dell’Almone, utilizzate per il grande depuratore di Roma Sud.
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Ecco, parliamone un po’! E’ un esercizio calligrafico; c’è scritto ALMO, ovviamente in lettere latine arcaiche, ovviamente leggibili da destra verso sinistra. Almo è il nome latino dell’Almone sopra citato; questa parola significa fertile, fertilità. Almone, che qui si vede apparire sulle lette A e M, ha il potere di far nascere dalle sue mani germogli di piante che crescono rigogliose lungo il suo percorso. Gojo lo rappresenta con corna e spine di pesce che gli escono dal capo, come è rappresentato nella mitologia greca Acheloo, uno dei Potamoi, i cento Dei dei fiumi figli di Oceano e Teti.
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presenze
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Sopra la O, lì in alto a sinistra, troviamo Larunda, figlia del fiume Almone; anch’essa pare che abbia origine tra le divinità minori degli antichi Greci, λαλέω (Laléo). La sua loquacità e incapacità di mantenere i segreti fu la sua rovina, anche se cascò comunque bene; lei, una bellissima ragazza, mise al corrente la sorella Giuturna e la stessa Giunone, che Giove (se) la voleva concupire. Giove, imbestialito, le fece mozzare la lingua e incaricò Mercurio di condurla negli Inferi, di cui era stata su due piedi nominata responsabile.
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Ovviamente la cosa si ammantò di libidine; durante il viaggio, che fu volutamente lungo, i due (Mercurio e Larunda) si innamorarono ed ebbero ripetuti rapporti carnali; nacquero così due gemelli, i Lari, che subito trovarono posto nella numerosa famiglia degli Dei Romani; furono preposti alla protezione delle strade della città e degli antenati che a loro volta vigilavano sulla sicurezza della famiglia. Nell’ADE, eletta a ruolo di Dea, Larunda assunse il nome di Tacita Muta e da allora venne rappresentata anche con la lettera H (che è muta).
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